Lavagna, Genova: l’Enoteca Monna Bianca alla maniera dei bacari di Venezia
C’è sempre un sottofondo musicale particolare all’Enoteca Monna Bianca di Lavagna, località balneare in provincia di Genova. Vuoi per i cd lasciati dagli artisti che si sono esibiti durante le serate estive, nello spazio appartato di una strada resa pedonale per alcune ore; vuoi per scelta della proprietaria, che non seleziona i vini solo in base alla fama, figuriamoci i musicisti. Fatto è che, discosta dal circuito dei bar per turisti sbragati che applaudono consumati cantanti di pianobar, l’enoteca è un locale di lusso. Una rarità, specie in provincia, dove ci si barcamena tra pub con polverosi tiro a segno, reduci dagli anni novanta, e locali che tentano la strada del design e la smarriscono tra gagliardetti e scaldabrioche.
Il locale si trova in un fondo commerciale, all’interno di una vecchia casa ligure costruita in altezza, dove lo spazio viene razionalizzato per non perdere neppure un centimetro del sudato mattone. Accogliente e silenzioso (i cellulari, la maggior parte delle volte, non prendono), è luogo da conversazione sottovoce e, sebbene sia piuttosto piccolo, non invoglia a sbirciare i tavoli altrui o a osservare l’andirivieni, ma solo a godersi un momento per sé e per le persone che ci accompagnano. La proprietaria è una giovane eclettica sempre disposta a fare due chiacchiere, senza salamelecchi ma con sincera cortesia.
Intraprendente e curiosa, decide di aprire l’enoteca quasi per sfida, volendo dar seguito al classico proposito “mi piacerebbe aprire qualcosa di mio” e traendo ispirazione dai bacari veneziani. La sua storia è ricca di questi coup de théâtre, non ultimo quando l’arredatore del suo locale le ha fatto conoscere un guru nell’ambiente enoico, il selezionatore Enrico Cresta, uno dei primi a parlare di biodiversità. Per questo, le etichette, da Monna Bianca, non corrispondono ai classici da enoteca, anche a costo di deludere la clientela più tradizionalista; la ricerca della miglior espressione del territorio di provenienza, condivisa con Cresta, orienta la selezione su proposte che suscitano interesse per le particolarità organolettiche e la soddisfazione di scoprire realtà magari meno note ma, non per questo, meno valide.
Tale criterio viene applicato anche ai vini liguri, tra cui spiccano il Vermentino Colli di Luni Conte Picedi Benettini, vinificato in purezza, e il Rossese di Dolceacqua Tenuta Anfosso, anche questo vinificato in purezza.
Le etichette sono circa duecento, a cui si aggiungono distillati e un solo tipo di birra, la Bruton, dalla provincia di Lucca. L’enoteca propone, in accompagnamento al vino, selezioni di formaggi e salumi, pesto e olive rigorosamente liguri ma anche piatti dell’azienda Friultrota, pionieri nell’affumicatura dei prodotti ittici, in particolare, appunto, delle trote. Inoltre, in occasione delle festività, prodotti dolciari d’eccellenza, tra cui i superbi cioccolatini Gobino.
Un ingranaggio di non semplice funzionamento, laddove si voglia rimanere fedeli a sé stessi: ancor più encomiabile il lavoro di questa giovane donna che si è messa in discussione ma ha anche rotto gli schemi di un approccio piuttosto statico nel settore ristorazione. Sperando che l’irrequieto vento del nord che l’accompagna, come la protagonista di Chocolat, non si faccia sentire ancora per un po’ e ci permetta di godere di quest’angolo di pace nei carruggi di Lavagna.
fonte: scattidigusto.it
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